La merenda
La merenda sta all’Italia come il brunch sta
ai paesi anglosassoni. Da nord a sud, con varianti minime, la merenda ha
i suoi riti e i suoi miti. In Piemonte la chiamano “merenda sinoira”
e si fa all’aperto, in giardino o in campagna, dalla primavera alle
prime brume d’autunno; stessa storia per quanto riguarda il Friuli e la
Toscana. Ci si mette attorno a un tavolo, poche cose cose ma buone; pane, salame , formaggio, olive e verdurine sott’olio. Non
ci sono né spremute di frutta né caffè. Ci vuole il vino.
Che può essere bianco oppure rosso, secondo quello che c’è da
mangiare , ma dev’essere buono. Meglio ancora se buonissimo. La merenda è un
momento di aggregazione ( come s’usa dire adesso ) che non ha eguali. Di fatto
ci si ritrova con le persone che ci stanno più simpatiche, che sentiamo amiche
o che in qualche modo consideriamo simili a noi. Tanto per dire a merenda ci si
sente un po’ più liberi, nel senso dell’etichetta. Intanto vanno bene pure
i tovaglioli di carta, salvo i bicchieri che hanno da essere di vetro
trasparente, meglio ancora se sono di cristallo. Forse può essere considerata
meno impegnativa di un pranzo o di
una cena, ma ha regole altrettanto rigide e rigorose. A casa mia la merenda è
ormai una simpatica tradizione che
si rinnova ogni domenica o
comunque nei giorni festivi. A che ora? Generalmente verso le cinque, l’ora
che gli inglesi hanno consacrato al rito di the e pasticcini, cioccolata e
panna. Via i televisori , niente uscite per andare al cinema. Chi ha da
riprendere il lavoro il mattino dopo, lo può fare tranquillamente: la merenda
al massimo alle 21 è finita, dunque c’è tutto il tempo per riposare e per
digerire. Chi è in lotta con la bilancia non ha alibi: ci si può alzare per
tempo e fare una bella camminata a piedi, tanto per smaltire. La merenda
classica fra gli ingredienti prevedeva (e prevede) animo lieto, coltello
affilato per affettare salumi e
formaggi e polso fermo. A “La limonaia” , la mia casa sulle colline intorno
a Camaiore, la merenda ha sostituito sia il pranzo che la cena e comincia sempre
con uno stuzzichino, qualche volta c’è un primo piatto secondo estro e
mercato, secondo i gusti di chi partecipa e secondo stagione. Poi c’è sempre
un piatto importante che può essere di pesce o di carne e qualche volta perfino
il vassoio dei formaggi con due o tre salse d’accompagnamento. Intanto le
bottiglie da stappare (spesso c’è una degustazione che può essere a tema o
geografica: per esempio chardonnay di varie provenienze o vini di una
determinata regione) aspettano il loro turno sulla vecchia madia toscana che
troneggia in sala da pranzo. A colpo d’occhio sembrano soldatini napoleonici
in parata.
Emiliana
Lucchesi
" Il Tempo", gennaio 2002